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Scenica Frammenti con il sostegno di Deborah La Mantiacon Dimitri Galli Rohl e Carlo De Toni
regia Loris Seghizzi
I numeri, freddi, la matematica, così matematica, nascondono sempre una storia talmente umana da segnare il tempo. Anche a 60 metri di profondità, passando per 30 cm di diametro.
E’ la storia di Alfredino Rampi. E’ la storia che nasconde altre storie, più scomode.
Alfredino fu l’attore protagonista (involontario) del primo reality show televisivo trasmesso dalla RAI a reti unificate.
Alfredo Rampi era un bambino di sei anni. Cadde in un pozzo artesiano e vi morì dopo due giorni a seguito di tragicomici tentativi di salvataggio da parte dei vigili del fuoco, speleologi, contorsionisti, nani.
In realtà si cercava di salvare l’Italia agli occhi degli italiani che alla televisione assistevano allo scandalo p2 e non solo. Noi ci siamo immaginati che tutto facesse parte di un gioco, il piccolo Alfredo giocava a nascondino e aveva trovato il nascondiglio più segreto del mondo… La prima repubblica è morta lì, a Vermicino, affogata come il bambino nel fango, la sua fine non è stata all’inizio degli anni Novanta, con l’avvento di Mani Pulite, con la fine dei partiti – che poi nemmeno sono finiti per davvero – con le stragi di mafia. La sua fine è datata 13 giugno 1981.
Ci vollero 28 giorni per tirare fuori il corpo di Alfredino Rampi dal pozzo. Non sono bastati 31 anni per avere indietro il cadavere di quell’Italia. Oggi, più che mai, sprofondata nel fango. Abbiamo quarant’anni e non avremmo mai voluto che succedesse. Abbiamo provato a salvarlo Alfredino, salvando anche un po’ noi stessi che facciamo parte di quella generazione lì.
Lui del ’75, come Dimitri Galli Rohl, l’attore che lo interpreta nel nostro spettacolo, e come Carlo De Toni, il chitarrista elettrico in scena; tutti venuti al mondo un anno dopo il regista Loris Seghizzi, nato nel ’74.
Non volevamo invecchiare; volevamo diventare “grandi”, quello sì. Ci bastava di crescere, crescere fino a somigliare alle figurine dei calciatori nell’album Panini, ma niente di più impegnativo, nossignore. “Adulto” infatti era una parola senza significato, che magari un nonno ogni tanto sprecava nel tentativo di impartirci qualche polveroso consiglio che oggi scopriamo – magari con un po’ di tristezza – sarebbe stato proprio quello giusto. Non volevamo ridurci come i nostri genitori che guardavano quelle interminabili trasmissioni che parlavano di “politica”; a noi piacevano i cartoni animati coi robottoni e gli scoiattoli parlanti e i telefilm con le macchine veloci e le astronavi spaziali.
Abbiamo coltivato sogni e aspirazioni e tutti quelli che sono nati nel 1975 hanno fatto un corso di nuoto che, si sa bene, è uno sport completo. Agli occhi di coloro che hanno oggi i nostri anni di allora, siamo vecchi. Si dice che l’unico modo di vivere sia quello; invecchiare lentamente per non morire troppo presto. Non avremmo mai voluto che succedesse, davvero.